sabato 17 marzo 2018

16 marzo 2018: Barbara Balzerani al Centro Popolare Autogestito Firenze Sud


Una norma comportamentale seguita con piacere da chi scrive consiste nel fare l'esatto contrario di quanto prescritto dalle gazzette e dai ben vestiti della politica rappresentativa.
La cosa vale soprattutto quando la "libera informazione" occidentale addita a ludibrio questo o quel personaggio su imbeccata di questo o quel micropolitico.
Il 16 marzo 2018 le gazzettine di Firenze hanno scagnato indignate contro una certa Barbara Balzerani e contro la presentazione di un suo libro, sottolineando la coincidenza tra quella data e un episodio di guerriglia urbana di quarant'anni prima che, a detta di politicame e gazzettaio, dovrebbe essere ricordato con estrema contrizione.
Chi scrive aveva all'epoca pochi anni e ricorda soltanto (e con un certo fastidio) che il rapimento di Aldo Moro da parte di un'organizzazione armata scombussolò per qualche tempo i palinsesti televisivi, che iniziarono a grondare di noiose facce da trigesimo spedite ad azzerare la normale programmazione dei cartoni animati pomeridiani.
Buona parte dei testimoni dell'epoca ricorda anche slogan da corteo in cui si affermava chiaramente che a fronte delle morti sul lavoro e delle morti per eroina la sorte di un politico strapagato aveva, per dirla con una perifrasi eufemistica, un'importanza piuttosto relativa.
D'altronde cose del genere non si fanno, brutti cattivi: se esiste una cosa su cui la politica "occidentale" non transige è il fatto che gli unici politici che meritino certi trattamenti si trovano a Damasco e a Tehran.
Il Centro Popolare Autogestito di Firenze Sud ha raccolto la stessa sera un centinaio di persone; Balzerani ha scritto altri cinque libri, alcuni dei quali presentati nella stessa sede davanti a un pubblico altrettanto numeroso ma senza che le gazzette si scomodassero, e come nelle altre occasioni la discussione e il contenuto del testo in disamina non hanno presentato alcun autocompiacimento, alcuna commiserazione reducistica e men che meno chissà quali rivelazioni. Come da prassi fin qui seguita nel contesto di una "linea editoriale" improntata a un minimo di coerenza, per quanto in nostro potere il frignare dei giornalini e dei frequentatori di ristoranti che indicano loro cosa scribacchiare è servito solo a farci interessare all'iniziativa e al libro presentato. Ancora una volta una piccola somma è passata dalle nostre tasche a quelle dell'editore, dell'autore e del centro sociale che ha ospitato l'iniziativa.
I precedenti in cui ci siamo comportati in modo analogo sono diversi. In questa sede abbiamo trattato il Dossier Foibe di Giacomo Scotti, portato alla nostra attenzione dal ben vestito e ben nutrito Achille Totaro, Armi e bagagli di Enrico Fenzi, che suscitò l'indignazione dell'altrettanto ben vestito Valerio Vagnoli e del piagnucoloso "Gruppo di Firenze", e L'egemonia digitale di Renato Curcio, che infastidì un altro zero di nome Stefano Esposito.
Come nei casi suddetti è nostra intenzione dedicare a "L'ho sempre saputo" di Barbara Balzerani una lettura meditata, e darne conto ai nostri lettori appena possibile.
 

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